Presentazione di G. Momi
Il concetto freudiano che la vita è un continuo sogno e che i sogni sono la proiezione della vita, trova la perfetta sintesi nell’opera artistica di Gioacchino Schembri.
Il linguaggio “ non per tutti “ ma “ di tutti “, che traspare dalle composizioni fortemente cromatiche di questo interprete del nostro subconscio, esplode nella visualità dell’anima di colui che guarda l’opera e che dall’opera si sente attratto e ghermito.
“ Non per tutti “ è il linguaggio di G. Schembri, perché di linguaggio elitario si tratta, cioè destinato a tutti ma non da tutti raccolto. Un linguaggio filtrato sempre dall’anima e mai lasciato al caso, un linguaggio colto e determinato dall’esperienza di vita dell’autore che mai confonde l’essere con l’apparire, il sogno con la realtà.
I diversi piani dell’esistenza di un individuo, trovano realizzazione nell’opera di G. Schembri attraverso le campiture di colore dei suoi dipinti, attraverso la mescolanza dei materiali impiegati nella realizzazione delle sue opere quali la foglia d’oro, la juta, gli smalti, la carta.
Un mescolio come i tumulti della nostra anima, l’avvicendarsi dei nostri sentimenti, l’unione del razionale all’irrazionale.
Il mondo di G. Schembri è indubbiamente raffinato, ma mai indulgente.
L’artista ricerca se stesso in ogni opera, riflettendo in essa il suo vissuto e ciò che da esso sembra attendersi nel suo futuro: una sintesi di esperienza e continua speranza, il tutto condito da una esaltante volontà di vivere che si manifesta in un continuo rincorrersi di colori e visioni oniriche di ciò che potrebbe accadere, ma che non si sa con certezza se effettivamente accadrà.
Il monocromatismo di “ Warriors “, steso su un debole supporto quale la carta velina, è testimone dell’assurda bestialità della guerra tra gli uomini e dell’ineluttabile contrasto tra la brutalità del colore e la fragilità della vita.
Le opere di Gioacchino Schembri non contemplano figure, ma come i sogni sono immagini riflesse dell’anima.